Il vino che profuma di mare
22 Marzo 2022Un Mare d’Amare
23 Marzo 2022Il traghetto per l’Elba fende le increspature del mare e si accosta all’isola seguendone il profilo sinuoso. La navigazione procede verso il golfo di Portoferraio. La rada è un ampio anfiteatro, e al centro dello scenario si erge un dirupo conico sormontato da una rocca muraria squadrata: la Fortezza del Volterraio (vedi nota 1). Ancora oggi la sua fisionomia turrita emerge sul mare come una muta sentinella, esprimendo il remoto e cruciale ruolo svolto per la difesa delle comunità isolane. Le vetuste rovine dell’antico edificio suscitano ammirazione in chi si avvicina all’isola, e suggeriscono l’ombra di accadimenti eroici ed epici ancorché spesso anonimi e incogniti. Il Volterraio è uno dei simboli dell’Elba, terra che ha visto avvicendarsi popoli e condottieri, naviganti mediterranei e pirati invasori, in una storia solo in parte svelata. Il castello fu acquistato 15 anni fa dal Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano con il preciso compito di arginare l’incalzante erosione del tempo. Purtroppo le scarse risorse messe a disposizione dell’ente hanno rinviato il processo di restauro che solo recentemente si è potuto affrontare, garantendo infine la fruizione dei visitatori in tutta sicurezza. Oggi si può raggiungere la rocca salendo con accortezza il sentiero segnato che si distacca dalla strada provinciale che si inerpica da Bagnaia verso Rio nell’Elba, seguendo profondi tornanti. Il sentiero si snoda su aspre rocce rosse, strati di antichi fanghi abissali. Vale la pena soffermarsi su queste rampe per chiedersi cosa sta sotto i nostri piedi. Le rocce sono sedimentarie e appaiono nettamente stratificate. La loro composizione è quasi completamente di ossido di silicio, come il minerale di quarzo, duro e tagliente. Ci troviamo di fronte a ciò che rimane dello scheletro di enormi ammassi di protozoi: i radiolari. Nell’antico oceano ligure questi organismi morivano inabissandosi, e così i loro gusci a trine silicee come cristalli di neve si sono accatastati per milioni di anni insieme ai fanghi limosi su un letto di magmi verdastri, fuoriusciti dalle lacerazioni della crosta oceanica e rapidamente raffreddati. A riprova di questa natività, nella strada provinciale che porta al Volterraio, si osservano affioramenti di rocce verdi-azzurre, chiamate complessivamente ofioliti: sono le lave a cuscini, dalle evidenti grandi bolle sferiche. Tale fenomeno geologico è conseguente alla risalita dei magmi fusi dall’interno della Terra e alla loro fuoriuscita laddove esistono fratture nella crosta solidificata dei fondali oceanici. Questa fase induce, quindi, un movimento delle placche che portano i continenti alla deriva e, in definitiva, scatena, allora come oggi, la reazione di orogenesi con la nascita delle montagne.
La genesi dei rilievi dell’Elba ha scomposto le antiche strutture originariamente ordinate. I movimenti legati al sollevamento hanno compresso e accavallato i sedimenti profondi fino ad emergere in superficie. I pacchi di strati hanno assunto così fluide contorsioni in cui l’alternanza di elementi di diversa compattezza rendono il substrato sfaldabile, e per questo sdrucciolevole. Ecco allora che il Parco ha iniziato l’opera di rifacimento del cammino, consolidando il piano di calpestio. Gli accadimenti originari delle formazioni geologiche descritte possono essere attribuiti all’era mesozoica, cioè almeno 70 milioni di anni or sono, ma la formazione dell’isola d’Elba però è nettamente postuma, e l’emersione dalle acque marine delle terre dell’area dell’Arcipelago Toscano risale agli ultimi 7 milioni di anni fa. È quindi relativamente recente la storia biologica di queste terre insulari sicuramente collegate alla penisola nelle recenti fasi glaciali. Il ciclo delle rocce è spietato e le neonate montagne, una volta sollevate, hanno ben presto cominciato a perdere i loro profili originari, abbandonando lungo gli impluvi grandi quantità di pietre e sabbie che hanno colmato la base dei versanti. L’alterazione fisico chimica e il lavorio dei vegetali pionieri hanno trasformato il suolo, favorendo la crescita della lecceta. Questa foresta era custodita dai signori del Volterraio perché bene prezioso per le attività della comunità, e il taglio degli alberi era strettamente regolamentato, come si evince da editti medievali giunti fino a noi. Il leccio (Quercus ilex) oggi rimane padrone delle propaggini basali insieme a qualche sughera, esemplari di olivi vetusti e cespugli mediterranei. È un piacere percorrere il cammino a primavera e lasciarsi inondare dalle fragranze delle vistose fioriture. Salendo aumentano i cuscini irti di aculei della Ginestra spinosa (Genista desoleana). Gli alberi assumono il portamento prostrato e i fusti diventano nodosi e contorti a causa del vento che fiacca la fibra vitale.
Qui si rinvengono alcuni Ginepri coccoloni (Juniperus oxycedrus), esemplare piuttosto raro all’Elba e forse implicato in antiche pratiche medievali. Oltrepassata la chiesina di San Leonardo si attraversa una prateria di asfodeli, e si attacca la rampa finale che porta all’ingresso del Volterraio. Ovunque i bolli gialli e verdastri dei licheni narrano decenni di continua esposizione delle rocce sommitali alle discontinuità climatiche e meteorologiche. Laddove l’uomo ha riqualificato la muratura con i nuovi rifacimenti sono disponibili nuove superfici da colonizzare da parte di questi simbionti di funghi e alghe per integrare il recente restauro nel fluire del tempo. Quando si entra nella fortezza dall’antico accesso e si percorre il cammino di ronda sugli spalti, l’occhio spazia nel blu del cielo che si tuffa nel mare. Ovunque all’orizzonte si distinguono i ben noti connotati del perimetro insulare e gli agglomerati dei paesi. Tutto sembra ruotare attorno al Volterraio! Poi ecco l’acuto richiamo del Biancone (Circaetus gallicus) che si mostra in tutto il suo candore con un bel serpente a penzoloni dal becco. La scena ci riporta all’antico Volterraio dove forse i rapaci venivano portati per antiche esibizioni di volo e di caccia. Così ci liberiamo dai pensieri dell’oggi e saliamo verso il profondo del nostro sentire, volteggiando all’unisono con questi signori del cielo, in cerca di correnti termiche utili a salire sempre più in alto fino a scomparire all’orizzonte.
L’articolo è stato scritto da Franca Zanichelli per il magazine di promozione turistica Elba Per2 e non solo…Edizione 2016/2017 anni durante i quali era Direttrice del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano.
Nota 1 Il nome Volterraio non trova unanimi pareri per individuarne l’origine e con tutta probabilità la rocca venne innalzata su preesistenti edificazioni di fasi insediative arcaiche. Però vi sono tappe certe nella storia del Volterraio. Nel 1231 vi fu l’attribuzione del compito di restauro da parte dei signori pisani a Vanni Gherardo Rau, detto “il volterrano” per nascita, allo scopo di rinforzare le strutture murarie che evidentemente erano già state molto esposte all’azione erosiva. Altre datazioni rinvenute in più fonti mettono in evidenza i frequenti passaggi di proprietà del maniero e l’utilizzo quale punto di avvistamento per una piccola guarnigione di sentinelle. A qualcuno piace pensare che il Volterraio sia stato anche un fortino per ricoverare i civili in pericolo nel periodo delle scorribande piratesche. Altri sono perplessi perché la fortezza è poco capiente e alle spalle c’è la Cima del Monte che la sovrasta, rendendola vulnerabile da terra.