Le Ville marittime di epoca augustea dell’Arcipelago Toscano
4 Gennaio 2023Il Granduca Francesco I de’ Medici ed il suo possedimento elbano
30 Gennaio 2023Quando ero ragazzo avevo alcuni amici che erano soliti trascorrere le vacanze all’isola d’Elba, quella suggestiva porzione di terra oltre il mare che, la distanza, rendeva ancora più desiderabile. Ai tempi, una meta per me inaccessibile e soltanto sognata tra una pagina di chimica e una di biologia. Dopo l’Università, il destino tracciò ben definita quella che sarebbe stata la passione della mia vita e, presto, mossi i miei primi passi nel meraviglioso mondo dell’enologia. Il primo lavoro non si fece attendere e, così, decisi di “premiarmi” prendendo il brevetto da pilota di aereo. Il mio primo volo da pilota turista fu proprio su quell’isola incantata e tanto sognata: l’Elba che, nel tempo, mi è diventata sempre più famigliare e cara. Ricordo ancora che, prima di atterrare sulla pista erbosa di Marina di Campo, sorvolai il perimetro dell’isola, per apprezzare il profilo degli scogli e l’architettura delle spiagge, con la grande curiosità di scoprire dove gli isolani avessero impiantato i vigneti e disegnato un paesaggio dalla storia millenaria.
L’origine della viticoltura elbana è attribuita ai focesi, popolo di matrice greca che importò la vite ad alberello dieci secoli prima di Cristo. Già 2000 anni fa la coltivazione della vite, favorita da un suolo particolarmente fertile e vocato, divenne l’attività agricola più qualificante dell’isola. Dal XV al XVIII secolo, sotto il casato dei Medici, la viticoltura elbana arrivò a superare i 5000 ettari. Anche Napoleone, al suo ritorno a Parigi (1815), ebbe a dire: “… gli abitanti dell’Elba sono forti e sani perché il vino della loro isola dona forza e salute”. Oggi, la superficie vitata dell’Elba conta circa 300 ettari, per una produzione di circa 800.000 bottiglie l’anno. Le varietà coltivate sono: il Moscato, l’Aleatico e l’Ansonica, quest’ultima, emigrata dalla Sicilia, dove si chiama Inzolia. Ma l’Elba, per me, non è solamente un’occasione d’interesse enologico… è anche un’attrazione sportiva. Da studente, il tempo sottratto allo studio lo dedicavo alla natura (se non fossi diventato enologo, forse, avrei fatto l’entomologo) e grazie alla moto da fuoristrada, scoprii come le escursioni in sella alla mia KTM mi permettevano di conoscere luoghi nuovi e apprezzare da vicino piante, fiori e perfino insetti. Era un modo di divertirmi e, allo stesso tempo, di apprezzare quanto studiavo oltre che a capire il valore dell’ambiente. Nel tempo, il lavoro, sempre più impegnativo, mi costrinse a lasciare in garage quel mezzo che per me era il senso di libertà. Alle volte, però, occorre “perdersi per poi ritrovarsi”.
Dopo diversi anni, la vita mi riservò una magnifica sorpresa: l’incontro con colui che, da sempre, è stata la mia icona del motociclismo. Parlo di Alessandro Gritti, la leggenda, l’imperatore dell’enduro mondiale… una persona davvero unica e speciale! Quando lo conobbi mi fece entrare subito nella sua casa e nel suo parco moto. Poi, con pazienza, mi portò lungo le mulattiere della Val Seriana: io da cadetto e lui da maestro. Ancora oggi, la mia firma è accanto alla sua e a quella di grandi piloti nella ‘Rosa dei Venti’, custodita nel suo atelier. Grazie a lui sono tornato sulla moto da fuoristrada e, solo così, ho potuto riassaporare la sensazione di libertà, intrisa di adrenalina, da tempo sopita. Per chi, come me, porta in tasca una “carta d’identità di un certo peso”, la moto dimezza le primavere, facendo riassaporare la gioventù. Non essendo un campione, mi tengo lontano da gare troppo impegnative e internazionali ma l’Elba è sempre stata un sogno ed è stato facile farmi coinvolgere dai miei amici Gritti, Caccia, Radici e Lorini. Poi, è bastato indossare la maglia vintage Top Gancia Racing Team (divisa della storica Azienda spumantistica italiana a me molto cara e già indossata da grandi piloti del passato) per entrare in una dimensione surreale senza pari. Certo, le difficoltà non sono mancate. La prova è stata decisamente dura e, quando ho temuto di non farcela, è stato sufficiente alzare lo sguardo e godere di quei paesaggi disegnati dai vigneti e dalla natura, per ritrovare quella gioia e cancellare la fatica. Lungo il tracciato, a farmi perdere la cognizione del tempo sono stati quei paesaggi visti dalle alture che regalavano panorami mozzafiato, aperti sull’immensità del mare. La moto permette ai nostri occhi e alla nostra anima di fotografare innumerevoli immagini nell’arco di pochi attimi, rievocando, nel profondo, sorprendenti emozioni. Come per il vino, le sensazioni e le immagini più belle sono quelle che si fanno raccontare, riempiendoci di gioia anche a distanza di mesi, di anni e di chilometri. Ripensare a quei luoghi e a quei momenti è la certezza che la bellezza esiste, è positiva e si può rivivere.
L’Elba mi ha fatto conoscere anche persone nuove e degli elbani ho apprezzato il tangibile valore dell’accoglienza, nonché il desiderio di promuovere, oltre i confini del tempo e dello spazio, i valori della loro terra. Ricordo con affetto il viticoltore che ci offrì un calice di vino per stemperare la nostra stanchezza e il nostro nervosismo durante le prove. Dopo il primo sorso, tutti siamo stati pervasi da un autentico senso di pace e d’armonia. Il vino era buono ma l’accoglienza vera è stata il valore immenso. Quel sorso conviviale, mi ha fatto ricordare gli stessi colori che avevo ammirato sorvolando l’isola con il mio primo volo; il blu intenso del mare e del cielo spazzato dai venti, il bianco delle spiagge e il verde della macchia mediterranea. Penso che questa sia la fortuna che l’isola d’Elba rispecchia nei suoi vini. Dagli elbani ho imparato che, anche per chi è già “arrivato”, la corsa non si arresta, ma prosegue nella continua volontà di rendere ancor più sorprendente quanto di sorprendente c’è già, ricercando sempre occasioni di incontro, divertimento, interesse e socialità. Per tutte queste ragioni, ritengo geniale l’idea di una competizione internazionale, qual è la Trophy Revival, che ha portato gente da tutto il mondo. Lo fu già 40 anni fa, quando una simile gara aveva investito l’Elba di una risonanza mondiale. Dunque, perché non bissare? Il Trophy Revival dell’Elba è stata una grande opportunità per rafforzare il marchio “Elba” che basa il suo grande valore nella sfera green. Accettare una gara di moto per i sentieri dal prezioso valore naturale è stato frutto di menti aperte, scevre di pregiudizi che hanno permesso alla bellezza di vincere e di arricchire le diverse culture che in quei giorni hanno visitato l’isola; sono certo che anche la natura, forse scalfita in qualche tassello del suo mosaico, capisca che per rendere memorabile ogni giorno di vita, potrà prestare qualche spazio… almeno ogni 40 anni.
L’articolo è stato scritto da Donato Lanati per il magazine di promozione turistica Elba Per2 e non solo… Edizione 2022/2023. Donato Lanati , laureato in Scienze Agrarie, con specializzazione in Viticoltura ed Enologia all’Università di Torino, è stato per 17 anni docente di Tecnologia Enologica per corsi di laurea di primo e secondo livello. Si è conquistato la fama di enologo-scienziato, perché il suo metodo di lavoro è basato sulla ricerca scientifica coniugata al rispetto della terra e del lavoro dell’uomo.