Spaccati di vita dell’Elba di un tempo
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27 Settembre 2023Visitando oggi i paesi elbani vediamo, oltre al verde pubblico posto a decoro urbano, che ogni scaletta, angolo e piazzetta vicini all’ingresso di casa, sono costellati da vasi contenenti fiori coltivati tra cui i gerani sono i più numerosi. Quelli di certi paesi come Poggio, S. Ilario e Marciana, dove predominano le ortensie, potrebbero essere definiti “giardini di strada” perchè, addossati ai muri delle case, rigogliosi rampicanti ricoprono di verde e di fiori muretti e finestre, arrampicandosi fin sui tetti. L’antica usanza non risente di imposizioni legislative, ma è nata spontaneamente e si è protratta fino ad oggi: negli agglomerati cittadini per avere un giardino, nelle campagne per ingentilire le modeste dimore rurali, senza sottrarre terra fertile alle coltivazioni. D’altra parte gli Elbani dovettero trarre la loro gioia di vivere esclusivamente dalle caratteristiche ambientali dell’Isola, favorita dal clima mite in ogni stagione dell’anno. Il faticoso lavoro manuale, sia in miniera che nei campi, non permise loro di soffermarsi a riflettere, ma il piacere derivato dal profumo, dalla forma e dal colore dei fiori spontanei, fu profondamente sentito, tanto che circondarono l’abitazione con altri fiori, quelli coltivati che giunsero sull’Isola poco alla volta. Gli Elbani avevano capito che i fiori costituivano un rimedio naturale per la cura del corpo e della mente già prima che il Dottor Bach ne dimostrasse il benessere psicofisico. Il posto d’onore spetta alle rose, introdotte quasi sicuramente dai Romani che oltre a ritenerle sacre a Venere, le consideravano simbolo di amore, eleganza e bellezza ed ogni anno nel mese di maggio festeggiavano le “Rosalia” offrendo rose ai defunti. Con la diffusione del Cristianesimo anche all’Elba questo fiore divenne simbolo mariano per eccellenza ed in onore della Rosa-Maria i cristiani pregano con il Rosario. Maggio divenne il mese dedicato alla Vergine Maria in cui i fedeli recitano le preghiere a lei dedicate. Sull’Elba il culto della Madonna fu particolarmente sentito come dimostra la presenza di ben quattro santuari mariani, sparsi per l’Isola: la Madonna del Monte, la Madonna della Neve, la Madonna delle Grazie e la Madonna nera di Monserrato che sorregge una sfera da cui nasce un candido giglio. Anche l’appellativo di “Pasqua delle Rose” dato alla Pentecoste, fa pensare che esistesse all’Elba l’antica usanza religiosa, ora persa, di scambiarsi una rosa o di far cadere in chiesa dei petali, per ricordare la discesa dello Spirito Santo sugli apostoli.
Nel Seicento s’intensificò la coltivazione delle rose che figuravano nello stemma araldico del marito della Principessa Isabella Appiani, il Duca di Bracciano, Paolo Giordano II Orsini. I due celebrarono il matrimonio proprio a Marciana i cui abitanti per molto tempo parlarono di decori ed addobbi profusi per le vie cittadine. Forse non siamo lontani dal vero nell’ipotizzare che l’antica abitudine di abbellire con fiori le vie che conducevano a casa Appiani fosse iniziata proprio con le nozze della Principessa.
Nell’Ottocento s’incrementarono il numero e le qualità delle rose, grazie a Napoleone che, giunto all’Elba, provvide subito ad ingentilire le sue ville anche con la messa a dimora di frutti e piante ornamentali di vario tipo, tra cui le violette e le rose che furono le preferite. Le ordinò al giardiniere agrimensore fiorentino Andrea Lottini, che le fece prelevare dal giardiniere Claudio Hollard a Piombino, dal giardino del palazzo della sorella Elisa, che a sua volta le fece venire dal “Reale Giardino delle Piante” di Capodimonte a Napoli. Anche il Bonaparte aveva subito il fascino delle rose già presenti nel giardino di Malmaison dove la moglie Joséphine aveva creato un vasto giardino botanico che ne comprendeva moltissime, anche rare. All’Elba l’Imperatore le aveva addirittura sul letto! La stoffa dei parati presentava infatti rose ricamate. Nel novembre 1814, la Principessa Paolina ordinò un gran numero di piante di vario tipo. Madame Mère aveva già fatto piantare nel giardino della casa Vantini, ora sua abitazione, olivi, gelsi, rose e violette. Ovviamente i notabili elbani emularono, per quanto possibile, l’Imperatore, mettendo a dimora frutti e piante ornamentali. Gli altri elbani fecero altrettanto. Il giglio arancione cresce spontaneo all’Elba, mentre quello bianco viene coltivato. Detto pure di Sant’Antonio o della Madonna, in quanto simbolo di purezza e santità nella tradizione cristiana, fu molto utilizzato. Serviva infatti ad adornare e profumare gli altari delle chiese, per realizzare addobbi e decorazioni in occasioni di manifestazioni, eventi e ricorrenze speciali. Era associato anche alla morte, come simbolo di liberazione dell’anima dai vincoli materiali, e per questa ragione veniva impiegato per rendere omaggio ai defunti. Inoltre gli Elbani avevano scoperto che il suo profumo intenso e particolarmente gradevole agiva sul sistema nervoso vegetativo, infondendo calma e serenità.
Già dalla metà del Cinquecento erano giunti sull’Isola, grazie ai Medici, gli iris presenti sullo stemma del Ducato, e dal 1569 Granducato di Firenze. E poichè tutti i granduchi fiorentini mostrarono interesse per la botanica, tanto da far importare da ogni parte del mondo semi, fiori e piante per impreziosire i giardini delle loro dimore, è legittimo pensare che alcuni fiori giunsero sull’Isola proprio nei due secoli della loro dominazione. Giacomo Ligozzi, Giovanna Garzoni e Bartolomeo Bimbi trestimoniarono con le loro opere iconografiche l’esistenza in Toscana di narcisi, giunchiglie, tulipani, giacinti, meraviglie di Spagna, dette pure “Belle di notte”, nasturzi e garofani, fiori che, ancora oggi, sono presenti all’Elba. Appoggiata agli immancabili muretti a secco vicini alle dimore rurali, la bocca di leone c’è sempre stata. La credenza popolare riteneva infatti che purificasse le abitazioni dai fantasmi. Anche l’arbusto del sambuco nero era immancabile vicino alle case rurali perchè oltre agli usi officinali fu ritenuto una pianta magica, in grado di proteggere la casa ed il bestiame da demoni e streghe.
Certamente molti fiori furono coltivati per il loro profumo, per i colori e la bellezza delle forme, ma tanti altri per la loro funzione apotropaica, per il loro uso alimentare e per l’impiego officinale, indispensabile nel mondo contadino del passato. Malva e salvia ne costituiscono gli esempi più evidenti presenti in spazi, metà orto e metà giardino, dove le elbane coltivavano anche altre erbe aromatiche e medicamentose oltre ai fiori che dovevano servire per devozione e per bellezza. Osservando attentamente notiamo che anche le prime ville elbane, sia nell’Ottocento che nel Novecento, possedevano un giardino circondato da muri dove insieme agli aranci ed ai limoni venivano coltivati i fiori. Erano abbellite anche da terrazze ombreggiate da pergole non di utile uva, come si usava in passato all’Elba, ma di glicine viola, simbolo di amicizia e sincerità. Col tempo alle molte piante mediterranee già usate dagli antichi romani per il loro profumo e la loro bellezza, ne vennero aggiunte anche di esotiche che ben si acclimatarono sull’Isola. Nel dopoguerra poi lo sviluppo turistico elbano ha favorito la diffusione qualitativa e quantitativa dei fiori coltivati che tutti possono ammirare in piazze, giardini, lungo le strade e presso le numerose strutture ricettive.
L’articolo, scritto da Marisa Sardi, ex insegnante di lettere e filosofia e autrice di molte pubblicazioni sull’Elba, è stato pubblicato nel magazine di promozione turistica Elba Per2 e non solo… Edizione 2023/2024.