Il sistema museale dell’Arcipelago Toscano S.M.A.R.T.
26 Settembre 2023Fioricultura elbana
26 Settembre 2023Da elbano doc e “feraiese” nell’anima, con questo scritto vi accompagnerò alla scoperta dell’Elba e dell’antica Portoferraio, il suo capoluogo. È nella cinquecentesca Cosmopoli, la città ideale rappresentante il cosmo in terra, fondata da Cosimo I De’ Medici nel 1548, allora Signore di Firenze e dal 1569 primo Granduca di Toscana, che affondano le mie radici. Essendo però noi gente semplice e poco pomposa, il nome Cosmopoli ci appariva troppo altisonante e allora abbiamo optato per il più popolare Portoferraio. Sarà una storia vera, di gente comune o quasi, che riteniamo debba essere narrata proprio in ragione di questo quasi che ci servirà da introduzione indefinita e curiosa alla descrizione del luogo e dei suoi abitanti, i “feraiesi” come noi amiamo chiamarci, fedeli al motto: “perchè sprecare due “erre” quando si può fare benissimo con una?” Non per niente il burro da noi è il “buro”, la terra è la “tera”, il ferro è il “fero” e Portoferraio è appunto “Portoferaio”. I Personaggi che un tempo animavano l’Elba, a nostro modesto giudizio, forse di parte o forse no, giudicherete voi, hanno avuto un livello di umanità e di poesia superiore alla media, tale comunque da giustificare questo nostro desiderio di parlarvi di loro. Chiamiamo affettuosamente “Scoglio” la nostra piccola isola che per estensione è comunque la terza in Italia, nonostante che in tal senso vi sia un enorme distacco con la Sardegna e ancor più con la Sicilia. Riteniamo che la soluzione dell’enigma relativo al nostro particolare modo di essere sia da ricercare nella nostra Storia, nella nostra Geografia e nella nostra Geologia, alle quali si deve però aggiungere il contributo decisivo dell’imponderabile e del non indagabile. È come se un bravissimo pittore avesse avuto il guizzo creativo di dar vita ad un quadro geniale alla fine rimasto però incompiuto, privo della pennellata finale e di fatto, facendoci ritrovare con quest’aria da eterni indefiniti, tendenti ad altro di superiore.
Ci troviamo nell’Alto Tirreno con il Mar Ligure che lambisce la nostra costa settentrionale, in una posizione geografica quasi centrale, appena un grado di latitudine più a nord tra i due luoghi situati alle estremità della nostra penisola, ovvero tra il Comune di Predoi in provincia di Bolzano e quello di Lampedusa-Linosa in provincia di Agrigento. Volendo esagerare con le suggestioni, potremmo affermare che siamo esattamente a metà strada tra il cuore dell’Europa e l’Africa. Una delle due punte della nostra coda di rondine si trova ad appena 10 Km dalla Toscana, mentre la nostra testa è distante circa 50 Km dalla Corsica, essendo di fatto l’Elba un ponte monco tra queste due realtà e addirittura, volendo spingere ancora un po’ sull’acceleratore della suggestione, tra l’Italia e la Francia. Con 223 Km quadrati di superficie e con i circa 60 km di lunghezza, siamo grandi ma non troppo. Se andiamo ad indagare a fondo e a ritroso, scopriamo che abbiamo una certa predilezione per la terra più che per il mare, per la “ciccia” più che per il pesce, stoccafisso a parte, in quanto il merluzzo norvegese essiccato, poi reidratato prima dell’uso e cucinato alla nostra maniera, per l’esattezza secondo la classica ricetta “riese”, potrebbe benissimo prendere il posto delle tre api d’oro napoleoniche sulla nostra bandiera. Non si scandalizzino troppo gli storici e gli ammiratori di Napoleone. La nostra è solo una provocazione, utile però a darvi l’idea di quanto abbiamo a cuore questo nostro piatto tipico, che tra l’altro non è molto diverso da una sua leggera variante tradizionalmente in uso in Liguria. Siamo contadini, viticoltori soprattutto; con il passar del tempo abbiamo scoperto la pesca, in verità più per passatempo che per lavoro. Andiamo matti per gli spaghetti al sugo di “Porpo” (Polpo), per quelli con la “Margherita” (Granzeola), per quelli con la “Leccia” (Ricciola), per quelli con il Gronco e per quelli con le Acciughe, solo per citare i sughi che per noi sono i più buoni, quelli che fino a qualche anno fa cadenzavano regolarmente sulla tavola delle nostre famiglie, distribuite tra gli otto Comuni dell’Elba. Dal 2018 questi sono divenuti sette. Rio nell’Elba e Rio Marina si sono infatti riuniti nel Comune di Rio, teoricamente mettendo la parola fine a quell’antica rivalità bonaria, alimentata da un certo campanilismo elbano, non così strutturato come quello continentale, toscano soprattutto, e quindi meno “pericoloso e stonato nel coro” dei nuovi tempi globalizzati, soprattutto se lo si considera arte poetica del vivere quotidiano degli isolani di un tempo. Fatto sta che oggi da quelle parti non si parla quasi più della divisione tra quelli “del Coccolo in sù” (Riesi) e quelli del “Coccolo in giù”( Riomarinesi o piaggesi). Un altro fattore che riteniamo contribuisca a renderci particolari è la nostra Geologia. Siamo granitici ad ovest, bianchi calcarei con un mare stupendo nei giorni di Scirocco, (vento di sud-est odiosissimo e fastidiosissimo) al centro-nord, fertili al centro e ferrosi ad est. Questo “enigma geologico” delle tre isole in una ha condizionato la nostra Cultura e la nostra Storia, lavorativa soprattutto e quindi anche il nostro sviluppo turistico, nonché la nostra Politica e la nostra Antropologia. Basti pensare che con il nome di Ilva, così gli antichi romani chiamavano l’Elba, nel 1905 è stata rinominata la precedente Società Anonima Elba di miniere e di altiforni che era stata fondata a Genova nel 1889. Questa cambiò ancora il nome in Italsider ed infine in Acciaierie d’Italia nel 2021.
Dai primissimi anni del ‘900 e fino alla IIª guerra mondiale, a Portoferraio era attivo il primo stabilimento siderurgico italiano per la produzione della ghisa alimentato a carbon Koch. Vi lavoravano più di 2000 operai per la maggior parte provenienti dalle province toscane centro meridionali, i cui cognomi risuonano ancora oggi nell’ufficio anagrafe del nostro comune. Il 19 marzo del 1944 un distruttivo e mortifero bombardamento aereo ad opera degli alleati inglesi, rimasto tristemente noto come il bombardamento di San Giuseppe, mise definitamente la parola fine al sogno industriale dell’Elba e di Portoferraio, anche se questo, ad onore del vero non era più un bel sogno già da qualche anno, soprattutto a causa degli eccessivi costi di produzione della ghisa. In totale le incursioni aeree su Portoferraio tra il 1943 e il 1944 furono 52, ma i bombardamenti che causarono più morti, feriti e distruzione furono quello appena ricordato e l’altro ad opera dei tedeschi del 16 settembre del 1943. Il numero preciso delle vittime non si è mai saputo con certezza, ma un centinaio furono causate da quello tedesco e circa cinquanta quelle di quel triste giorno di San Giuseppe.
L’industria mineraria dell’estrazione del ferro dal sottosuolo del nostro versante orientale andò avanti fino ai primissimi anni ottanta del secolo scorso, dopo un attività millenaria iniziata in epoca etrusco-romana e dopo aver creato, da quelle parti, una vera e propria cultura popolare della fatica, della forza e della solidarietà, solo in anni recenti convertitasi alla cultura del turismo e quindi, in maniera più tardiva rispetto al resto dell’Isola, mantenendo in quegli elbani forti tracce delle antiche prove di fatica e di vita. Nel versante occidentale, quello granitico, c’era l’antica arte del cavatore anch’essa iniziata in tempi lontanissimi, tant’è che il granito dell’Elba è stato usato per la costruzione del Duomo di Pisa e del Pantheon a Roma. Le nostre ricchezze sono state soprattutto il ferro, la posizione geografica strategica, nonché la bellezza e il buon vino, che nel corso dei secoli hanno fatto sicché varie potenze straniere e varie genti si siano presentate davanti alla costa del nostro “Scoglio” allo scopo di impossessarsi del territorio elbano. Greci, Etruschi, Romani, Liguri, la Repubblica di Pisa, i Pirati Saraceni, il Ducato di Piombino, i Medici, i Borboni, gli Spagnoli, i Francesi, i Tedeschi, gli Inglesi, senza contare i 10 mesi dell’esilio di Napoleone Bonaparte. Per essere imparziali bisognerebbe però rammentare anche la tragedia del piroscafo Andrea Sgarallino in servizio sulla tratta Piombino Portoferraio, che il 22 settembre del 1943 venne silurato e affondato da un sommergibile inglese appostato nelle acque prospicienti l’imboccatura del porto di Portoferraio. Questo triste episodio sconvolse la comunità elbana perché causò la morte di circa trecento persone.
Oltre i già citati bombardamenti, bisognerebbe poi ricordare anche le gesta non proprio edificanti, compiute ai danni della popolazione isolana, femminile soprattutto, da parte delle truppe coloniali francesi sbarcate sull’Isola il 17 giugno del 1944 con un contingente alleato per liberarci dai nazi-fascisti. In sostanza, se non fossimo stati travolti da tutti questi eventi, dai numerosi tentativi di dominio più o meno riusciti, e se non fossimo stati presidiati da tutti questi eserciti, probabilmente saremmo ancora degli isolani scorbutici, magari con una mentalità non apertissima e scaltra, ma certamente non così diffidenti nei confronti dei continentali come lo siamo stati fino a qualche anno fa, soprattutto noi di Portoferraio. Con il passare del tempo abbiamo trasformato quell’antica diffidenza in scambio di battute, spesso sarcastiche, poetiche e geniali. Tutto questo rimescolio di genti e di fatti, spesso tragicissimi, per non parlare della nostra dispersione per il mondo (Australia ed America Latina) in cerca di maggior pace e di miglior fortuna, ha contribuito a creare questo strano popolo evidentemente segnato, diffidente e rassegnato a vedersi continuamente soffocare la sua naturale ed atavica libertà; nel contempo ha però dirottato questo suo stress verso altre valvole di sfogo dalle quali ne è uscito e continua ad uscirne di tutto: esploratori, eroi risorgimentali, famosi direttori d’orchestra e/o compositori, altrettanto famosi cantanti lirici, produttori cinematografici, giornalisti di primo rango, scrittori, attori, cantanti, ballerini, naturalisti, letterati, docenti universitari, direttori di importantissimi enti, istituti o fondazioni, fulgide carriere militari arrivate ai vertici… fino a giungere a quel popolo rimasto semplice e indomito, ma che riunito attorno ad un tavolo con gli amici, magari in compagnia di un pò del nostro buon vino e delle inseparabili carte, nel famoso gioco della “passatella”, da noi più comunemente detto del “padrone e sotto”, ogni riferimento alla nostra Storia è puramente casuale, emana un’arte in genere ed una poesia che anche se non espresse secondi i canoni codificati della grammatica, della pittura o della metrica, ci fanno intuire che lì, oltre a tutto il resto, c’è dell’imponderabile tendente ad altro di alto.
L’articolo scritto da Michel Donati è stato pubblicato nel magazine di promozione turistica Elba Per2 e non solo… Edizione 2023/2024.