Accademia del Bello
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6 Ottobre 2023C’era una volta una colonia penale…
Vidi l’isola di Capraia per la prima volta dall’Elba, dove mi trovavo in vacanza, una sera in cui il vento da sud-ovest aveva ripulito l’aria e facendola ritornare tersa e chiara; la scorsi mentre osservavo il tramonto nella sua forma vagamente ellittica con l’asse maggiore rivolto in direzione N-E ed in tutta la sua lunghezza. Sapevo che su quell’isola convivevano da oltre un secolo due comunità: quella civile formata dalla popolazione locale, prevalentemente di pescatori, che abitava in piccola parte nel Porto e per lo più in paese, e l’altra composta dal personale che lavorava nella Casa di Lavoro all’Aperto e nella Colonia Penale, oltre a reclusi e internati, ivi ristretti.
Non avrei immaginato che dopo qualche anno sarei stato incaricato di andare a dirigere proprio lo stabilimento carcerario esistente su quell’isola. Quando mi chiamarono dal Ministero, comunicandomi la decisione di trasferirmi come Direttore dell’Istituto Penitenziario di Capraia, presi molto male la notizia. Cercai in qualche modo di far cambiare idea al Capo del Personale ed al Direttore Generale delle Carceri. Fu tutto inutile! Ero stato scelto, proprio io, per una missione delicata: riportare l’ordine, la disciplina e la sicurezza nello Stabilimento Penale. Mi imbarcai a Livorno; il viaggio in traghetto fu meno brutto di quello che prevedevo, perché allietato dalla compagnia dei delfini, che continuavano a giocare sguizzando tra le onde. Così le due ore e mezzo che la piccola nave impiegava per compiere il tragitto passarono più velocemente. L’isola, vista dal traghetto, degradava dolcemente dalle cime dei suoi monti verso le sue valli dette “vada”, per cedere il posto alle sue coste frastagliate e rocciose che finivano quasi tutte con un salto brusco a picco sul mare. A nord dell’isola si vedevano le costruzioni della Colonia Penale, mentre a sud si scorgevano il Faro, la Torre del Porto, il Forte ed alcune abitazioni. L’isola appariva nel suo aspetto naturale e selvaggio, incisa da numerose valli e vallecole, con il territorio ricoperto dalla tipica macchia mediterranea. Sulla banchina del Porto, oltre alla “Campagnola” degli Agenti di Custodia, vi erano quella dei Carabinieri e numerose persone che aspettavano l’arrivo del traghetto. In seguito seppi che molti curiosi erano in attesa di conoscere il nuovo Direttore della Colonia. Il viaggio dal porto al paese durò pochi minuti. Percorremmo l’unica breve strada asfaltata che collegava le due località e arrivammo dove si trovavano l’alloggio del Direttore, la Diramazione centrale, la Direzione, gli alloggi dei dipendenti e le abitazioni della popolazione locale. La dimora del Direttore, una villa del ‘700 attualmente adibita a Municipio, si può scorgere dal traghetto sulla sinistra del promontorio (con una meravigliosa visuale), vicino alla Torre del Porto; così come del resto quasi tutto il territorio della Colonia con Monte Castello, sua cima più alta. La sagoma dell’isola di Gorgona si trova invece a nord, a est la costa della penisola italiana, mentre a sud si vedono Forte San Giorgio e l’isola d’Elba.
L’idea che l’isola di Capraia offrisse poco alla popolazione e ai turisti cominciò ad affollare la mia mente e la partenza del traghetto dall’isola contribuì a far crescere la sensazione di solitudine. Mi sentivo come un prigioniero su un’isola. Nei giorni successivi però, visitando il centro storico con i suoi vicoli ricchi di fioriture e piante dai mille colori, accompagnato dalla leggera brezza che portava con sé l’odore del mare mescolato al profumo dei fiori, la sgradevole sensazione avvertita all’arrivo cominciò ad attenuarsi. La semplicità e la cordialità della gente e dei pescatori si scontravano tuttavia con i gravi problemi trovati all’interno della Colonia Penale, tutti da risolvere. La bellezza dello scenario e del territorio della Colonia era offuscata anche dalle condizioni in cui vivevano i detenuti, gli internati ed il personale che vi lavorava. Salendo dal Porto verso la Colonia, la pavimentazione del primo tratto di strada, sino al suo ingresso, era fatta di blocchi di cemento, mentre la vecchia mulattiera, composta da ghiaia e sassi, era quella che collegava le cinque diramazioni (la Ghiara, il Transito, Porto Vecchio, l’Ovile e la Mortola). La domenica che rimanevo sull’isola ne approfittavo per visitare la zona libera e selvaggia, seguendo i vari itinerari a piedi. Qualche volta mi avventuravo da solo per raggiungere il Piano, lo Stagnone, Monte Arpagna, Punta dello Zenobito, da dove si poteva godere di un panorama straordinario su Cala Rossa. Talvolta, quando l’aria era particolarmente pulita e tersa, oltre alla Corsica, si potevano ammirare chiaramente quasi tutte le isole dell’Arcipelago Toscano. Spesso, per sorvegliare le coste della Colonia Penale, uscivo insieme agli agenti con la motovedetta e ne approfittavo per percorrere gli itinerari costieri. Noi dipendenti avevamo il privilegio di poter fruire dell’unica spiaggia sabbiosa dell’isola: Cala della Mortola. L’isola e la sua costa, viste dal mare, sono meravigliose e durante l’estate era difficile resistere alla tentazione di tuffarsi in una delle tante calette o di avventurarsi in una delle tante meravigliose grotte. Avevo consentito anche ai detenuti ed agli internati di fare il bagno, a turno, a Porto Vecchio, sotto la stretta sorveglianza del personale di custodia. La mattina presto, prima di recarmi in Ufficio, avevo la piacevole consuetudine di andare a prendere il pane fresco dal fornaio, fare un saluto al macellaio, gustare il caffè nel bar vicino a Piazza Milano e ordinare il giornale dal tabaccaio, scambiando un saluto e due chiacchiere con le persone incontrate strada facendo. La sera amavo scendere dal paese al Porto, per salutare i vecchi pescatori prendendo un bicchiere al Bar o un gelato nell’unica gelateria del Porto, aperta solo durante il periodo estivo. Senza accorgermene, con il passare dei giorni, dei mesi e delle stagioni, mi ero lentamente innamorato dell’isola. Quando ricevetti l’ordine di chiudere lo stabilimento Penale, la gioia di tornare finalmente a casa dalla mia famiglia, fu offuscata dal dispiacere che venisse a mancare la primaria fonte di guadagno e di sostentamento alla popolazione locale; che ovviamente non era affatto pronta ad affrontare questo cambiamento, lasciando per sempre Capraia. Amavo aggirarmi nel territorio della Colonia brulicante di vita: ci si poteva imbattere in mandrie di mucche, greggi di pecore e capre al pascolo, scrofe con i loro maialini, moltissimi polli e soprattutto c’erano i detenuti e gli internati che lavoravano negli orti e nelle stalle. Era un dono poter godere dello spettacolo dell’aurora dalle cime dei monti, o poter rimirare dal traghetto (quando si partiva per Livorno) il tramonto con il sole che si inabissa lentamente all’orizzonte.
Oggi, dover vedere quel territorio vuoto, senza animali e popolato solo da qualche turista, mi fa venire una grande tristezza; una stretta al cuore. I problemi della Colonia non mi avevano consentito di vedere e di apprezzare sino in fondo quel lato dell’isola cosi meravigliosa. Alla fine io amavo Capraia e la sua gente e su quell’isola ho lasciato parte del mio cuore.
L’articolo, pubblicato nel magazine di promozione turistica Elba Per2 e mon solo… Edizione 2022/2023, è stato scritto dall’Avv. Domenico Patete – Ultimo Direttore della Colonia Penale.
La Colonia Penale Agricola sull’Isola di Capraia fu fondata nel 1873 e successivamente fu chiamata Casa di Lavoro all’Aperto e infine Casa di Reclusione di Capraia Isola. Il Ministero di Grazia e Giustizia decise la chiusura del carcere a partire dal 31 ottobre 1986. L’Istituto penitenziario era costituito da più edifici. Nell’ex convento di Sant’Antonio c’era la sede della direzione e degli uffici amministrativi. In quella che era la casa del Direttore oggi ha sede il Comune di Capraia.