Elba un’Isola da Amare
11 Ottobre 2023Santuari elbani
24 Ottobre 2023Un sottile profumo ci spinge a cercare il giusto filo di vento per giungere su un’altra Isola, questa volta molto speciale: Montecristo. Un’Isola che è tanto desiderata quanto irraggiungibile e forse questo la fa sembrare misteriosa come nessun’altra. Ma i misteri si svelano sempre! Il nostro mistero da svelare era quello della cucina, tema che come si è visto costituisce un “vero patrimonio culturale” di ogni piccola isola che con il proprio isolamento ha fatto di necessità ricchezza. Ma per Montecristo la curiosità fa veramente la parte del leone tanto grande quanto piccola, isolata e praticamente, in epoca moderna, abitata dai soli custodi. Caratterizzata nel basso medioevo dalla presenza di monaci eremiti, dal 1533, a seguito di una scorribanda del pirata Dragout, rimase disabitata per diversi secoli. Se si esclude l’esperienza ‘colonizzatrice’ dell’inglese G.W. Taylor a metà dell’ 800, e una limitata presenza temporale di una colonia penale con 45 detenuti e 5 guardie, dal 1874 all’84, bisogna attendere il 1890 per una presenza stabile e continuativa per gli ultimi 130 anni. L’Isola data in concessione, dopo l’acquisto da parte del neonato Stato Italiano, al Marchese Ginori come riserva di caccia, passò nella disponibilità della Casa Reale per rinuncia dello stesso Ginori a fronte di una passione e di un amore che aveva manifestato il futuro Re d’Italia Vittorio Emanuele III, che vi soggiornò nel 1896 con la Consorte per la maggior parte del viaggio di nozze. Passata nella disponibilità della Real Casa, nel 1890 si stabilirono sull’isola Cesare e Argia Donati che vi rimasero fino al 1920 a cui seguirono dal 1921 alla fine della seconda guerra Francesco e Bastiana Tesei.
L’Isola era frequentata ogni anno dal Re per la stagione di caccia, quasi sempre accompagnato dalla consorte anche lei profondamente innamorata di questa “perla” dell’Arcipelago Toscano, ma la presenza costante tutto l’anno era data dalla famiglia dei custodi. Vivere in un’isola priva di collegamenti e distante dalle altre isole toscane (Capraia, Gorgona, Giglio, Giannutri, Pianosa e l’Elba) e dalla terraferma costituiva un problema di non poco conto anche per quanto riguardava l’alimentazione. Quindi, come non chiedersi quale era “l’arte della cucina” di questa minuscola comunità costituita, in genere, da marito, moglie e figli a cui si aggiungeva spesso qualche parente stretto? Da qui nasce una ricerca che per il passato lontano presenta ancora grandi lacune per la mancanza di una letteratura in merito e la difficoltà a rintracciare gli eredi dei custodi del primo cinquantennio del XX° secolo, anche se è recente la riscoperta da parte della locale sede dell’Accademia della Cucina Italiana di un dolce, la “Montenegrina”, gradito alla regina, la cui ricetta è pervenuta tramite la famiglia dei custodi Tesei. Diversamente è per il passato più recente durante il quale c’è stata la disponibilità a raccontarsi da parte degli ultimi custodi e un’importante testimonianza videoregistrata del custode per antonomasia, Amulio Galletti, poco prima della sua scomparsa. Nel cosiddetto immaginario collettivo è lui il “CUSTODE” per antonomasia forse perché ha vissuto un particolare periodo di cambiamento che ha amplificato le differenze tra il ‘mondo’ isolato di Montecristo e il ‘mondo’ del vicino arcipelago o della terraferma. È il periodo del boom economico, dove gli agi e le comodità stanno cambiando la vita di tutti i giorni e la presenza di un frigorifero per avere bevande fresche rientra nella normalità, mentre Montecristo continua ad essere privo di energia elettrica, impedendo anche l’uso di un ormai diffuso ferro da stiro elettrico. Amulio è stato anche testimone del passaggio tra la gestione privata della Società Oglasa – che aveva in gestione dal demanio l’Isola e predisposto un progetto di “sviluppo” edilizio e turistico con relativo porto, costituendo un Club d’elite per soli 100 soci, il “Montecristo Sporting Club” – e la nuova gestione da parte dello Stato che, con l’istituzione della riserva naturale nel 197, non rinnova la concessione all’Oglasa. Dal suo racconto del lungo periodo trascorso sull’Isola, dalla metà degli anni ’60 al 1984, si capisce quale era la vita vera in un periodo dove il confort galoppava… A Montecristo, invece, i tempi erano quelli che la caratterizzavano da sempre con limitazioni quasi da eremiti, tant’è che assurge a fatto epocale l’essere riusciti a portare, soprattutto a “sbarcare” sull’isola perché il molo inagibile, un generatore di corrente che potrà fornire, anche se a ore, energia elettrica per mettere in cantina i vecchi lumi a petrolio ed avere un po’ di fresco con il frigo che lavora in alternanza, producendo ghiaccio quando c’è corrente e “conservandolo” fino al successivo avvio. Una grande conquista!
Sentito questo è spontanea la domanda: “come eravate organizzati per il cibo e la sua conservazione?” La risposta è disarmante: “bastava organizzarsi” pur ammettendo che per i primi tempi l’organizzazione era ancora di là da venire. Poche regole ma funzionanti che hanno segnato il cuore di Amulio e della moglie che lo hanno lasciato, per sempre, sull’Isola e nel ricordarla un lacrima appare sempre. Le regole semplici, ma con garanzia dei risultati, erano la spesa generale 1 o 2 volte l’anno con prodotti a lunga conservazione quali farina, olio, pasta, mentre per i prodotti freschi ciò che offrivano le risorse locali: per la carne, fino a quando era in attività la storica riserva di caccia, qualche capo abbattuto oltre agli animali da cortile che con le galline garantivano uova fresche di ottima qualità, oltre ad una “imbarazzante” scelta di pesce. Alla domanda “Amulio chi aveva la possibilità di essere ospite a Montecristo da quali piatti rimaneva colpito e quale pietanza ti chiedeva?”, una risposta lapidaria: “spaghetti al pomodoro, anche se, prima dell’istituzione della riserva marina, le aragoste non mancavano… venivano quasi a consegnarsi, non c’era bisogno di cercarle…”. Il racconto continua: “forse perché caratterizzati da un profumo intenso e pieno probabilmente dovuto ad un microclima particolare e ad un terreno scarso, ben annaffiato, ma unico. Avevamo un orto, curato da mio suocero, con albicocchi, aranci, mandarini, basilico, prezzemolo ossia tutti quei prodotti essenziali che ti consentivano di far fronte alle esigenze quotidiane, banali prodotti dell’orto che però, come dici te Mario, “profumano il doppio di quelli dell’Elba”, una caratteristica che forse ci da la risposta vera alla domanda. Un altro piatto che facevamo quando non si poteva pescare era il pesto fatto con poco basilico e prezzemolo di un sapore e di un profumo unico… La ricetta se la sono portata fin negli Stati Uniti! Di gente passata da Montecristo ne ho conosciuta tanta e ho conosciuto anche molti personaggi politici; tra questi mi è rimasto in mente un nostro Ministro degli Interni e il suo omologo tedesco. In genere i politici soggiornavano pochi giorni mentre in quell’occasione la permanenza fu di una settimana: il ministro tedesco chiese gli spaghetti al pomodoro di Amulio per tutto il periodo di permanenza. L’unica variante il pesce, pescato personalmente, ogni giorno diverso, che non “ti veniva mai a noia”: aragoste, dentici, ricciole… Il pane te lo facevi alla vecchia maniera anche se era gradito, quello bianco, quando te lo portava qualche pescatore o barca di passaggio. Per mangiare non ci sono mai stati problemi, se non in rare occasioni come quando a causa del maltempo e a seguito di un naufragio abbiamo avuto un numero di presenze che ha messo a rischio le scorte con conseguenze per il dopo, anche perché i collegamenti istituzionali erano sporadici. La vera difficoltà erano le sigarette. Io non fumavo, mio suocero sì. Quando finiva la scorta bisognava contare sul tempo buono e su qualche imbarcazione amica di passaggio. L’unico rammarico era che ai ‘bimbi’ non potevo dare un gelato.” Un racconto senza fine su infiniti particolari quotidiani ma che si interrompe quando, nel ricordare altri episodi particolari come alcuni decessi e naufragi, si intristisce per quello che ricorda come l’episodio che più di tutti gli è rimasto dentro: aver salvato 2 paracadutisti della “Folgore” appartenenti al 9° Col Moschin, naufragati la notte del 30 novembre 1983 al termine dell’ “Operazione Mangusta” e dati per dispersi dopo una gigantesca ricerca con mezzi aereo navali. Amulio allertato via radio iniziò a scrutare il mare in tempesta con forza 8; il 2 dicembre li avvistò e provvide ad indicare dove la tempesta li stava trascinando. In 20 minuti furono tratti in salvo da un elicottero militare dopo ben 36 ore passate in acqua aggrappati al gommone capovolto. L’espressione di Amulio fece passare in cavalleria che il motivo dell’incontro era “la cucina” e mi spinse a tentare, dopo oltre 35 anni, di rintracciare i due parà, con l’obiettivo di farli incontrare di persona, visto il rammarico di Amulio di non averli mai incontrati. Grazie allo spirito di corpo dei parà ci sono riuscito e sono riuscito a farli contattare telefonicamente con l’obiettivo di farli abbracciare sul molo dell’Isola. Purtroppo il tempo non ha giocato a favore! Amulio ci ha lasciati, ma ci ha lasciato, in eredità, anche il fascino che l’Isola trasmette a chi l’ha vissuta.
Un fascino etereo come dimostra la voglia di conoscere i luoghi dove la bisnonna aveva vissuto per un cinquantennio. Sembrò strano che Azaea Reyna di Savoia, bisnipote della Regina Elena del Montenegro, consorte di Vittorio Emanuele III, durante un incontro avesse espresso il desiderio di andare a Montecristo ben sapendo di non potersi fermare. L’importante era rivedere i luoghi che gli antenati avevano frequentato e che lei conosceva solo dai racconti di famiglia; era disposta a partire da Città del Messico, dove abita, anche con un brevissimo preavviso, giusto il tempo del trasferimento. Perché no? Una volta a Montecristo si è mossa con naturalezza nei locali della Villa Reale come inebriata dai profumi e dal silenzio quasi assordante del luogo, rivivendo quelli che erano i racconti ascoltati da piccola. Aveva la stessa espressione di Amulio nel ricordare i tempi trascorsi sull’isola. Forse, queste sensazioni sono uno dei tanti aspetti sconosciuti dell’Isola che dovremmo provare a conoscere!
L’articolo, pubblicato nel magazine di promozione turistica Elba Per2 e mon solo… Edizione 2022/2023, è stato scritto da Mario Ferrari, ex-sindaco del Comune di Portoferraio e autore di varie pubblicazioni.