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Il ricordo di Sandro e Leonida Foresi: memorie storiche, collezionisti e scrittori dell’Elba. Giornalista, gallerista, tipografo e caricaturista, Leonida Foresi – in quasi cento anni – è stato tutto questo, ma non solo. Un secolo di vita segnato da un indissolubile filo conduttore: l’amore per la sua Elba.“Leo” – come amava firmarsi nelle sue vignette e come era conosciuto da tutti – è stato la ‘memoria storica’ dell’Isola, un instancabile collezionista e appassionato di tutto ciò che la riguardasse. Ci ha lasciati, da ‘quasi centenario’, nel 2014, e ciò che più lo rappresenta e ce lo fa ricordare col sorriso – al di là del suo animo ironico e gentile – è proprio il suo amore incondizionato per quel luogo dove ha vissuto tutta la sua esistenza; un sentimento talmente grande che possiamo ancora oggi ritrovarlo attraverso le colonne del Popolano e del Corriere Elbano, due giornali che hanno segnato e raccontato le vicende isolane di gran parte del Novecento. È difficile – se non impossibile – parlare di Leonida senza citare suo zio, Sandro Foresi: personaggio eclettico, di straordinaria cultura, fondatore de Il Popolano nel 1915 e talmente lungimirante da creare, negli anni trenta, l’associazione “Amici dell’Elba”, con l’idea di rilanciare l’immagine dell’Isola insieme a personalità di un certo rilievo nel panorama culturale italiano. Insomma, un vero antesignano del turismo all’Elba, tanto che fu anche uno dei promotori per far cambiare il nome di Porto Longone – troppo legato al carcere, e quindi con un appeal decisamente poco proficuo per i visitatori – con quello di Porto Azzurro. Sandro non aveva figli ed ebbe un rapporto strettissimo con Leonida, tanto da considerarlo molto più che ‘semplicemente’ un nipote: uno zio così speciale che trasmise a “Leo” la passione per la scrittura e per le caricature, e che fu talmente colpito dalle abilità del giovane Leonida nel tratteggiare i profili dei personaggi più in voga del momento, da lasciargli – a cominciare dal 1936 – un apposito spazio sul Popolano, dedicato ai suoi schizzi accompagnati da poesie in rima che descrivevano, bonariamente, il protagonista della vignetta. Il Popolano era la voce dell’Elba che, pur non disdegnando di trattare talvolta temi di rilevanza nazionale, era dedicato in particolar modo ad affrontare argomenti inerenti alla vita dell’Isola. Una delle maggiori battaglie condotte dalla rivista fu quella per impedire la chiusura dello stabilimento siderurgico, in origine appartenente alla Società “Elba”, poi ribattezzata “Ilva”.
Costruito nel 1900 per la produzione della ghisa, lo stabilimento si trovava nella zona in precedenza occupata dalle saline dello Stato che, fino ad allora, avevano costituito una fonte economica di primaria importanza per l’Isola. L’Ilva cambiò radicalmente il contesto elbano, non solo dal punto di vista finanziario, ma anche sociale, visto che, tra operai e impiegati, erano circa 1.700 le persone coinvolte all’interno dell’azienda e molte ancora furono qui chiamate a lavorare, anche da altre regioni italiane. Negli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale l’Elba attraversò una grave crisi economica, che rischiò di far chiudere lo stabilimento e le miniere di ferro di Rio Marina e Capoliveri. Il Popolano si impegnò in prima linea per impedire questo scenario, che sarebbe stato sicuramente nefasto per l’Isola. Il giornale uscì per l’ultima volta il 21 agosto 1943: solo qualche settimana dopo, successivamente all’armistizio dell’8 settembre, iniziarono per l’Isola d’Elba le gravi problematiche legate alla guerra. Fino ad allora, infatti, l’Elba non aveva mai subito distruzioni dovute al conflitto bellico, ma il 16 settembre i tedeschi bombardarono Portoferraio. Poco meno di un anno più tardi l’Elba dovette fare i conti con altre distruzioni legate alla Seconda Guerra Mondiale: gli Alleati bombardarono a loro volta, a più riprese, lo stabilimento degli altiforni e il porto di Portoferraio, e il 17 giugno 1944 sbarcarono nei pressi di Marina di Campo con truppe francesi (prevalentemente) e inglesi, nell’ambito dell’operazione denominata “Brassard”, che si protrasse fino al 20 del mese in corso. Ciò che accadde successivamente ebbe ripercussioni tragiche: alcuni comandanti transalpini concessero alle truppe coloniali 48 ore di libertà per premiarli dell’esito positivo della campagna. La conseguenza non poté che essere drammatica per la popolazione locale, soprattutto per le donne e per le ragazze elbane.
Sandro Foresi si spense nel 1947 e un anno più tardi Leonida, insieme a Mario Bitossi, fondò – sulle orme del Popolano – Il Corriere Elbano. Ancora una volta l’Elba aveva la sua cassa di risonanza; un altoparlante che ne descriveva la situazione, come quella drammatica vissuta nel secondo dopoguerra: in seguito a considerazioni di ordine tecnico-economico ed agli ingenti danni dovuti ai bombardamenti, lo stabilimento siderurgico aveva dovuto infatti chiudere definitivamente i battenti. Millesettecento posti di lavoro si erano volatilizzati e il Corriere, sul suo primo numero, titolava: “All’Elba nulla funziona, solo la miseria fa passi giganteschi”. Gli elbani, in cerca di fortuna, nei primi anni cinquanta iniziarono un’emigrazione di massa verso terre lontane, soprattutto l’Australia, ed è qui che prese ancora più forza la funzione sociale del Corriere Elbano: attraverso la rubrica de “Il taccuino del cronista” si informavano gli abbonati di nascite, lauree e matrimoni, informazioni di vario genere su amici e vecchi conoscenti, tenendo così ancora vivo il cordone ombelicale tra chi era dovuto emigrare e l’Isola natìa. Una sorta di social network ante litteram per far sentire meno soli coloro che avevano dovuto abbandonare affetti e terra d’origine. Nel ’56 la rinascita: la cementeria riprese le attività e l’Elba voltò pagina aprendosi al turismo di massa. La svolta fu l’entrata in servizio della motonave Aethalia (denominata col vecchio nome con cui era chiamata l’Elba), che poteva trasportare fino a sessanta veicoli e oltre mille passeggeri per traversata. Nei primi anni Sessanta venne completato inoltre il tratto di strada che da Marina di Campo conduce a Marciana Marina: i turisti, ma anche gli stessi elbani, poterono conoscere così la parte dell’Isola fino ad allora più impervia e meno battuta, e che adesso invece rappresenta il cuore delle mete turistiche. Per Leonida il Corriere Elbano è stato come un figlio: ideato, curato e mai abbandonato, neppure a oltre novant’anni di età, quando continuava a frequentarne la redazione dopo la cessione all’amico Massimo Scelza; scegliendo ancora con estrema cura le notizie da pubblicare sulle colonne del “Taccuino del cronista”. Nel 2011 lo storico quindicinale ha chiuso i battenti per poi riprendere successivamente, sotto un’altra proprietà. Ma questa è un’altra storia…
E perché la memoria non svanisca e il ricordo continui a perdurare nel tempo, nei suoi ultimi anni di vita Leonida Foresi ha allestito anche una mostra di fotografie provenienti interamente dalla sua collezione privata, iniziata dallo zio Sandro e proseguita nel tempo dallo stesso “Leo”. Immagini che mostrano Portoferraio e l’Elba nel corso del Novecento, illustrando come la fisionomia del paese e dell’Isola siano cambiati: dalle tonnare – terminate nel 1958 – alla festa dell’uva, perché prima della seconda guerra mondiale la produzione del vino rappresentava una risorsa fondamentale per l’economia dell’Elba.
Questa collezione, simbolicamente chiamata “L’archivio del tempo”, è in esposizione al centro culturale De Laugier.
L’articolo, scritto da Paolo Serena (nipote di Leonida Foresi) in collaborazione con Luigi Serena, è stato pubblicato nel magazine di promozione turistica Elba Per2 e non solo… Edizione 2019/2020.