L’isola d’Elba, la mia isola di ferro
8 Gennaio 2025La costruzione dei forti e della città di Portoferraio, il cui nome aulico fu Cosmopoli dal nome del Duca Cosimo de’ Medici, si colloca nel tumultuoso periodo di guerra tra l’impero di Carlo V e la Francia. Quel conflitto, che si prolungò a più riprese per cinquanta anni, si svolse anche sul mare. La Francia aveva l’appoggio della flotta turca, Carlo V di quella genovese. La Toscana, come tale stato di giovane formazione, era un ducato imperiale. L’Elba, che faceva parte del Principato di Piombino, era stata più volte oggetto di scorrerie turche. La sua difesa era per la Spagna fondamentale per il controllo delle rotte tirreniche e del collegamento con il vicereame di Napoli. Il Principato di Piombino non aveva risorse per garantire un adeguato presidio dell’isola. Il Duca di Toscana offrì a Carlo di provvedere a propria cura e spese a fortificare Portoferraio, uno dei porti naturali più sicuri del Tirreno e capace di accogliere una grande flotta. La Spagna accettò e Cosimo chiese in cambio l’annessione dell’isola al suo Ducato. La Principessa di Piombino, la cui sovranità si estendeva all’Elba, non fu d’accordo ed ostacolò in ogni modo l’iniziativa toscana. Anche Genova non accettava che l’ambizioso Duca si impadronisse di un caposaldo tanto strategico da cui avrebbe potuto ostacolare le flotte genovesi. Nella città ligure si comprendeva infatti che l’acquisto dell’Elba si inseriva in un più vasto programma, per fare della Toscana una concorrente potenza marittima. La costruzione di una potente marina da guerra fu infatti uno degli obiettivi di Cosimo. L’ambasciatore veneto Vincenzo Fedeli riferiva nel 1560 come il Duca più volte gli avesse detto che «un principe non è potente se non è potente da terra e da mare, per la qual cosa non pensava ad altro che a far galere ed in poco tempo mirava ad averne trenta in ordine». Le prime due galee di Cosimo, la Pisana, messa in mare a Livorno, e la Saetta, commissionata a Napoli, furono varate nel 1547 e furono queste che l’anno successivo trasportarono all’Elba le truppe e gli uomini per fortificare Portoferraio. Da allora le costruzioni di navi si susseguirono a ritmo serrato. Era il 20 aprile del 1548 quando, dopo una bufera che aveva ritardato per giorni la partenza, il corpo di spedizione del Duca si imbarcava a Livorno per raggiungere l’Elba. Lo comandava Otto da Montauto, un soldato esperto che aveva già combattuto al servizio del padre di Cosimo, il celebre Giovanni, detto delle Bande Nere. A lui veniva affiancato un altro militare: Pirro Colonna. Sulle galere del Duca si erano imbarcati l’iIngegnere, Giovan Battista Bellucci da Sanmarino, «con buon numero di artiglieri, maestri d’ascia, fabbri et altri artefici, avendo imbarcato prima 25 pezzi d’artiglieria con i loro rifornimenti e munizioni, vettovaglie per oltre un mese e una buona scorta di badili, zappe, pali di ferro, cavi, arnesi da taglio, argani e quant’altro fosse necessario». Il progetto di massima delle fortificazioni era stato probabilmente già approntato dal Bellucci, che Cosimo aveva segretamente inviato nei mesi precedenti all’Elba a eseguire il rilievo del luogo.
Nell’isola furono inviati tagliatori di legna e cavatori, per preparare fornaci per la cottura dei mattoni e procurare le pietre per la costruzione. Queste ultime furono ricavate direttamente dalla roccia delle colline su cui sarebbero sorte le fortificazioni e le pareti delle cave si trasformarono nelle scarpate e nelle mura naturali di alcuni bastioni. Materiale da costruzione fu ricavato anche dalle rovine dell’antico insediamento romano che, secondo i resoconti, erano abbondanti. Il declino di questo era probabilmente cominciato nel periodo oscuro delle invasioni barbariche e l’insediamento definitivamente abbandonato in seguito alle successive scorrerie dei pirati musulmani, perché la penisola non permetteva scampo né fuga in caso di assalto. Muri in opus reticulatum sono ancora visibili inglobati nel Forte Stella. I mattoni per il rivestimento esterno dei forti furono cotti con la terra dello Schiopparello, località dalla parte opposta del golfo, che si era dimostrata particolarmente adatta.Fra il 22 ed il 27 aprile del 1548 le truppe di Cosimo sbarcarono dunque all’Elba ed i guastatori si misero subito a costruire fortificazioni campali di terra, delle quali il Bellucci era particolarmente esperto. In soli 15 giorni i terrapieni erano già in grado di offrire un rifugio ed un’efficace postazione per le artiglierie. Si lavorava alacremente e con le armi alla mano, per timore di un’incursione dei Turchi, o degli stessi Genovesi, che pur formalmente alleati non vedevano di buon occhio una fortezza toscana sull’isola. Si temevano anche azioni di sabotaggio della Principessa di Piombino, che si opponeva energicamente alla presenza delle truppe di Cosimo in un territorio che le apparteneva.Il 27 aprile il Bellucci mandava al Duca la prima relazione:
«Al mio arrivo impiegai subito 15 guastatori di Bibbona a fare una strada ed a ripulire il colle piccolo [quello della Stella]. Dopo che il signor Pirro ebbe visto e valutato bene il sito, discutendo quale dei due colli fosse opportuno fortificare per primo, finalmente, dopo molte dispute, si decise di cominciare dal colle più basso, essendo quello dal quale più si poteva controllare il porto e colpire i nemici da più direzioni. E riguardo alle offese che potesse ricevere dall’altro colle, si decise di evitarle opponendovi un fronte particolarmente solido. Come il signor Pirro e il signor Otto ebbero dunque preso questa decisione, si discusse il progetto del forte da realizzarvi e se ne studiarono diverse forme. In verità il signor Pirro vi ha molto lavorato, insieme con il signor Otto, e non penso che siano tanti i progetti oggetto di tante discussioni. Se infatti non si vuol costruire sugli strapiombi delle scogliere, non è possibile individuare una forma soddisfacente. Personalmente nessuna mi soddisfa davvero, ma alla fine per non perdere ulteriore tempo, è stato deciso che il forte che si faccia nella forma della quale mando copia a Vostra Eccellenza, la quale, essendo compatta, si farà in 20 giorni mettendo al lavoro 400 guastatori. Si farà così, ma con l’intenzione di fortificare anche l’altro colle».
I lavori cominciarono dunque dal Forte della Stella. Il Bellucci non riteneva soddisfacente la pianta della fortificazione e probabilmente pensava di rettificarla e migliorarla quando si sarebbero fondate le opere definitive.Il 3 maggio 1548 l’Ingegnere comunicava di aver completato le fondazioni del forte e di avervi collocato le consuete medaglie commemorative e di buon auspicio. Il 3 maggio era forse la data che gli astrologi avevano individuato come momento propizio per la fondazione della fortezza. E sappiamo quanto il neoplatonismo della Corte Medicea fosse attento ai buoni auspici astrologici. Il Duca frattanto informava Otto da Montauto che i Genovesi non si sarebbero mossi contro Portoferraio, se non prima di aver avuto una risposta alle proteste formali da loro inviate alla corte imperiale: «Nel frattempo la fortificazione sarà già pronta per offrire una buona difesa ed allora ci cureremo poco dei loro proclami e delle loro minacce, benché non ne abbiamo mai avuto timore, non ritenendoci a loro inferiori di forze ». Il 5 maggio furono richiesti al continente viveri e soprattutto acqua, che scarseggiava. Il duca poteva scrivere al suocero, il viceré di Napoli don Pietro di Toledo:” La fortificazione dell’Elba procede gagliardamente e, per quanto ci riferiscono il signor Pirro e il signor Otto con le ultime lettere, fra dieci giorni sarà pronta per la difesa, sicché i Genovesi vengano pure a far pazzie, che ne rimarranno con poco onore e col capo rotto». L’8 maggio, per affrettare ancor più i tempi, oltre ai guastatori furono messi a lavorare alla costruzione del Forte della Stella anche i soldati, cosicché i bastioni in poco tempo erano già in grado di offrire una valida difesa. Fra il 15 ed il 18 maggio lo stesso Cosimo si recò all’Elba per controllare i lavori e verificarne l’avanzamento, dando disposizione per la costruzione dei paramenti murari che avrebbero trasformato le opere di terra in fortificazioni permanenti. Il giorno successivo, il 19, egli inviò medaglie commemorative e bene auguranti da collocare nei fondamenti delle fortezze. Il 25 maggio il Duca poteva scrivere nuovamente al suocero che ormai la fortificazione era avanzata e che il lavoro proseguiva alacremente; lamentava che la Principessa di Piombino aveva proibito ai sudditi elbani di fornire aiuto alla costruzione dei forti, per cui era necessario inviare dal continente ogni approvvigionamento. Di suo pugno Cosimo descriveva il progetto:
«Saprà dunque Vostra Signoria come il porto dell’isola, detto Ferraio, è sormontato da due colli, uno più basso il quale controlla la bocca del porto, l’altro più alto che è più distante, ma sopravanza il più basso che signoreggia la bocca. Nel più basso ho fatto fare io il forte di terra, il quale sarà grande quanto la fortezza di Livorno, collocato in una posizione tanto forte che più non si può trovare. Questa seconda fortezza è già da due giorni completata con bastioni di terra. E vi si trovano 30 pezzi d’artiglieria, 20 grossi et 10 piccoli, polvere e vettovaglie sufficienti per più mesi… Si sono trovati sotto di essa vari resti romani… Faccio in un medesimo tempo sul colle superiore una fortezza piccola che sarà difendibile contemporaneamente all’altra, perché non ha bisogno di bastioni alti dal momento che il sito aspro ed elevato la protegge da due lati. Queste due fortezze si difendono reciprocamente in modo che né l’una né l’altra il nemico può colpire, per non esservi luogo dove possa posizionare artiglierie. Sono poste l’una e l’altra su una roccia durissima, tanto che non è necessario far né all’una né all’altra fondamenta: si mura direttamente sulla roccia senza dover scavare».
Va notato che ancora nessuna lettera parla del progetto della Torre della Linguella, il terzo caposaldo fortificato, che sarebbe stato posto a difesa dell’entrata del porto. Il progetto del Bellucci evidentemente non lo prevedeva. Sappiamo infatti che la torre fu progettata ed eseguita dal nuovo ingegnere che di lì a poco sarebbe subentrato al Bellucci: Giovanni Battista Camerini. Il 27 maggio si dette inizio alle fondamenta per le opere definitive in muratura. Il Bellucci intendeva modificare la forma del Forte Stella, che non lo aveva mai trovato concorde e che probabilmente aveva accettato in considerazione dell’urgenza, purché fosse limitata solo all’opera provvisoria in terra. Le varianti proposte dal Bellucci non trovarono d’accordo i militari, Pirro Colonna e Otto da Montauto, e la discussione procrastinò l’inizio dell’opera. Cosimo scrisse irritato:«La lettera di ieri ci ha arrecato dispiacere e insoddisfazione del procedere di codesta fortificazione, avendo letto che ancora non si è dato principio a murare, pur essendovi stati mandati le calcine, il materiale, i maestri muratori e tutto quello che serve per poterlo fare. E quel che più ci dispiace è che le cose vadano in discussioni e si ritardino per stravaganze e disegni diversi da quanto decidemmo quando fummo costi». Il Duca inviò dunque un commissario, Girolamo degli Albizi, con l’ordine che si muri la fortezza da basso con quella forma che si è fin qui realizzata in terra e con la dimensione che si decise quando fummo noi a vederla, senza abbracciare più terreno né abbassarsi sotto il colle, né allargarsi più di quello che è necessario, per mostrar di voler fare le cose in grande, come alcuni mostrano di avere in mente ed in progetto“. Al Bellucci Cosimo scrisse una lettera personale:
«Quanto è maggiore la diligenza e la sollecitudine con cui vi facciamo procurare calcine, materie, maestri muratori e quant’altro serve per murare codesta fortificazione, tanto più ci appaiono poche le opere realizzate da voi ministri e sempre più lente. Ed essendovi già fornite tante indicazioni delle cose sopradette ed essendo ogni cosa stabilita, non sappiamo a chi altri dare la colpa dei ritardi se non a voi che, secondo quanto ci viene riferito, ogni giorno inventate nuove stravaganze e disegni e mandate le cose in lungo non sappiamo a che fine. E ci meravigliamo non poco che vogliate modificare il progetto della fortezza piccola, per ampliarla verso il basso. Questi disegni non sappiamo a che altro possano servire se non a mostrare di voler fare cose grandiose e così mandar le cose in lungo contro la nostra intenzione e le decisioni che si presero costì, quando sarebbe stato il momento di esporcele senza aspettare che fossimo partiti. Noi concludiamo che il voler nostro è che detta fortezza si muri nella forma che è, e non si vada ampliando né allargando con muri se non quanto è necessario; e che senza perdita di tempo si dia principio al murare e non si perda tempo in dispute e stravaganze, ma si facciano cose utili e buone. Quanto a Voi, se per caso non voleste completare le opere murarie, o per perché abbiate poca esperienza di murature o per altro motivo, fatecelo intendere, che noi non mancheremo di prendere nuove decisioni. Perché noi intendiamo che nei nostri cantieri, e soprattutto in codesti, si facciano fatti e non parole e che il tempo si consumi utilmente e non in vanità e lentezze. Sicché svegliatevi et non vi basate tanto su archipenzoli e astrologie se intendete ben servirci, come abbiamo fiducia che farete. Della fortezza più alta ci informeremo dal signor Pirro dei dubbi che vi sono sorti, proponendo di voler spianare il colle e del nuovo disegno che avete fatto, e vi daremo quanto prima notizia di quel ci piacerà facciate. In tanto non perdete altro tempo e statevi bene. Da Pisa. Mentre siamo a comunicarvi la decisione della seconda fortezza, non si indugi a procurare e ordinare il materiale da costruzione, in modo che subito si possa principiare».
Alla lettera Cosimo aggiunse un rescritto di proprio pugno: “Lasciate le indecisioni e i punti di astrologia, si muri la fortezza da basso come la lasciammo e si solleciti senza cerimonie“. Il duca credeva, come un po’ tutti intorno a lui, nell’influenza degli astri sulle vicende umane, ma il suo pragmatismo non se ne lasciava condizionare. Il 30 maggio il Bellucci rispose a Cosimo con una lettera nella quale difendeva le sue idee, motivandole con il rispetto delle regole dell’architettura. Il 31 si pose dunque la prima pietra del forte Stella e si predisposero i basamenti del forte Falcone, quello sul colle più alto. Il 4 giugno la corrispondenza fra lIingegnere ed il Duca mostra che i contrasti non erano ancora sanati. Il 7 si lavorava al fronte della Stella che guarda il Falcone. Quand’ecco che il 9 giugno il Bellucci veniva improvvisamente richiamato per consultazioni ed al suo posto inviato un altro ingegnere: Giovan Battista Camerini. Scriveva il Duca allo stesso Bellucci:
«Noi abbiamo mandato costì il Camerini, perché possa occuparsi di codesta fortificazione finché voi veniate qui da noi per renderci conto del lavoro fatto e per poter capire e farci capire di persona quanto occorre; perciò non mancherete appena ricevuta questa lettera di mettervi in cammino per venirci a trovare dove saremo».
E a Otto da Montauto: «Abbiamo mandato al suo posto [del Bellucci] il Camerini, il quale si fermerà costì ed è informato di tutta la volontà nostra. Perciò gli darete intera fiducia e gli farete prestare obbedienza da tutti codesti maestri et capi mastri». Sembrano confermate le parole del Vasari, il quale nella vita del Bellucci scrisse: “Fu Giovanbattista alquanto testardo, onde era una dura impresa volerlo smuovere da una sua convinzione“. L’Ingegnere non si era evidentemente rassegnato a mantenere irregolare e disarmonica la pianta del forte Stella. Se il progetto del forte Stella sembra dunque più il frutto della volontà determinante del Montauto e del Colonna, tanto che il Bellucci fece di tutto per modificarlo, quello del forte Falcone appare invece a lui interamente attribuibile, per l’evidente affinità della soluzione del fronte con quella del forte di San Miniato a Firenze, che egli realizzò per Cosimo qualche anno dopo. Bellucci continuò infatti a godere della fiducia di Cosimo, per il quale dal 1546 progettava le nuove fortificazioni di Firenze. Fu tanto apprezzato dal Duca da diventare capo di tutti gli ingegneri militari del ducato, fino alla morte prematura che lo colse al comando di una compagnia di fanti nella guerra di Siena. Cinque anni dopo la sua morte, Cosimo stanziò una dote per la figlia, in riconoscenza dei meriti del padre. Si trattava di un gesto straordinario per il Duca. Il 10 giugno giunse notizia che da Marsiglia era salpata una flotta di galee che si temeva volesse assalire l’Elba, ma il duca poteva ormai scrivere che: “La fortificazione dell’Elba …è a tal punto che possiamo farci beffe delle venti galere uscite da Marsiglia“.
Il terzo forte di Portoferraio è la massiccia torre ottagonale della Linguella, posta all’ingresso del porto. Alla fine del 1548 Camerini pose opera alla costruzione della torre, destinata a proteggere l’imboccatura del porto e a connotarne l’ingresso a scopo celebrativo. I lavori iniziarono a dicembre e proseguirono fino al 1550. La torre fu particolarmente curata, sia nella pianta geometrica che nel paramento, realizzato in mattoni alternati a inconsueti e ricchi ricorsi di marmo. Il coronamento con beccatelli, di foggia un po’ antica, è affine a quello dei casseri di Terra del Sole, dello stesso Camerini, dove si ripropone il contrasto fra il nitido e lineare fronte bastionato di Baldassarre Lanci e il medievalismo dei beccatelli di un’opera antiscalata, un po’ anacronistica per il tipo di assedio delle guerre cinquecentesche. Il progetto della torre coincide cronologicamente con i primi documenti nei quali si parla della città ed è ad essa funzionale, sia dal punto di vista difensivo che simbolico: si può anzi dire che la torre rispecchi programmaticamente l’intera idea di Cosmopoli. Ma su questo rimando a quanto scrissi nel mio piccolo volume: “Kosmos. L’idea di Cosmopoli tra diplomazia ed esoterismo”.
L’articolo, scritto dall’Architetto e Scrittore Renzo Manetti, è stato pubblicato nel magazine di promozione turistica Elba Per2 e non solo… Edizione 2024/2025.