Le antiche ricette di Nonna Lilia riscoperte da ElbaMagna
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9 Agosto 2022La terra generosa e gentile di Giuseppe Pietri
Gli occhi di Donatella s’illuminano di gioia e di emozione insieme quando racconta del padre e della sua famiglia. La sua storia è così avvolgente e interessante che mi ha portato indietro nel tempo come se anch’io fossi spettatrice e protagonista di un’avvolgente e coinvolgente “sceneggiatura”. “Mio nonno Giovanni, era originario di Rio Marina. Come la maggior parte degli uomini piaggesi era capitano di mare ma, dopo esser scampato miracolosamente a un fortunale, su insistenza di mia nonna Sestilia che aveva ereditato una casa a Sant’Ilario, decise di trasferirsi insieme alla famiglia in questo paesello di collina dove prese impiego all’ufficio postale. Qui nacque mio padre nel 1886! La scoperta del suo “grande amore”, la musica, ebbe inizio con l’acquisto di un pianoforte comprato da mia nonna per 40 lire come mobile di arredamento.
Da lì a poco tempo il pianoforte divenne il “giocattolo” del mio papà che da allora, oltre a scorazzare per le viuzze del paese, si dedicò alla Chiesa dove fu incaricato dal Parroco del paese di suonare l’organo. I primi insegnamenti gli furono impartiti dal Maestro di musica Milani, venuto dall’America in paese per i soliti casi “strani”della vita (cioè un’eredità che poi era fasulla), il quale scoprì il suo talento. La prima volta che calcò le scene di un palcoscenico fu al Teatro dei Vigilanti per sostituire all’ultimo minuto il direttore di una compagnia di attori lirici. La voce della bravura di mio padre circolava da tempo e il suo intervento rappresentò la salvezza per la messa in scena dello spettacolo. Lo stupore fu tanto nel vedere un adolescente che con una mano suonava e con l’altra dirigeva. “Pilade Del Buono, personalità elbana di spicco, si adoperò affinché mio padre potesse studiare al Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, dove si diplomò in pianoforte e in composizione con borsa di studio per merito. L’opera fu il suo primo amore”, continua Donatella. “L’anarchico dal cuore gentile Pietro Gori, avvocato di origini elbane e amico di famiglia, gli fornì il libretto della sua prima opera di successo, rappresentata al Teatro della Pergola a Firenze nel 1910: Calendimaggio. Una delle arie diventò l’inno dei Goliardi all’università. “Mio padre aveva solo 24 anni, quando Giacomo Puccini, quarantottenne, volle fare la sua conoscenza invitandolo a Torre del Lago”. Donatella Pietri è così appassionata nel raccontare la storia delle sue radici che non posso smettere di fissarla negli occhi e ascoltarla, come se il suo racconto mi appartenesse. In fondo la storia di Pietri è anche la nostra storia, quella di tutta l’Elba che ha avuto l’onore e la fortuna di dare i natali ad un grande uomo, dotato di una sensibilità artistica unica, che si è ispirato all’Elba e che dell’Elba ha parlato in alcune delle sue opere. “Il successo arrivò con la commedia musicale Addio Giovinezza, rappresentata nel 1915 a Livorno, unica operetta che non ha un lieto fine. Il trionfo assoluto è nel 1920 con l’Acqua Cheta, la rivelazione dell’operetta “italica” come riporta Il Messaggero. “Com’è bello guidare i cavalli e trottare per monti e per valli” e “Ona ona ona ma che bella rificolona” furono senza dubbio i brani che decretarono il successo di questo capolavoro, tutt’oggi ancora vivo anche per merito dei numerosi adattamenti per la TV, il teatro e il musical”. Del 1923 è La donna perduta. “Mio padre ci raccontava che il famoso “Duetto delle campane” nacque sentendo le campane di San Piero e Sant’Ilario quando passeggiava lungo l’Accolta, il breve tratto di strada che unisce i due paesi collinari”. Donatella ci racconta come negli anni quaranta l’operetta viene messa in ombra dalle novità che arrivano d’oltralpe, la rivista prima e il varietà poi. “Fu allora che mio padre tornò a dedicarsi al suo primo amore, l’opera. Un ricordo che ancora conservo piacevolmente nel cuore è la voce di Beniamino Gigli che interpreta la famosa aria “Io conosco un giardino” di Maristella della quale esiste una commovente interpretazione anche del grande tenore elbano Renato Cioni. L’ultima sua opera fu Arsa del Giglio, rappresentata postuma alle Ghiaie, di fronte al Palazzo della Finanza, nel 1952.
L’operetta del cuore però rimarrà sempre L’Isola Verde del 1929. Le sue parole durante un’intervista alla Nazione dell’ottobre di quell’anno, ricordando con compiacimento il successo ottenuto al Lirico di Milano furono: “È l’isola d’Elba, la terra dove sono nato. Ancora Toscana, come vedete, sebbene, questa volta, Toscana insulare! Sono dunque i canti del nostro bel mare che hanno ispirato la mia musica…”.
La sua dedica all’Elba fu: “Alla mia terra generosa e gentile” così come lo è stata Donatella con la quale possiamo condividere i ricordi anche privati di un grande uomo come il maestro Giuseppe Pietri.